La violenza del Minotauro e il labirinto: il recupero dantesco di un mito classico (Dante, 'If' XII 11-30)
DOI:
https://doi.org/10.26034/tenzone-23-04Parole chiave:
labirinto, follia, ragione, peccato, morte, labyrinth, madness, reason, sin, deathAbstract
Il Minotauro e i centauri, protagonisti del canto XII dell'Inferno dantesco, sono uniti dalla loro natura ibrida che li connette a una forma di violenza bestiale, separata dalla ragione umana. Attraverso una serie di citazioni letterarie
greche e latine e testimonianze iconografiche, dai mosaici ai codici, dal IV al XII secolo, si percorre la tradizione cristiana tardo-antica e poi medievale sul labirinto e sul Minotauro che ha portato Dante, che ha magari indirettamente colto gli esiti di tale tradizione attraverso fonti a lui accessibili, a concepire il Minotauro come figura distesa, non precisata se costituita da corpo d'uomo con testa di toro oppure da corpo taurino con busto umano. Ma è sul suo lato bestiale che insiste Dante in ottemperanza a una rilettura simbolica del labirinto come luogo del peccato e della perdizione morale che porta morte.
The Minotaur and the centaurs, the protagonists of the twelfth canto of Dante's Inferno, are united by their hybrid nature, which connects them to a form of bestial violence, detached from human reason. Through a series of Greek and Latin literary citations and iconographic evidence, from mosaics to manuscripts, spanning from the 4th to the 12th century, the Christian tradition from late antiquity and the medieval period concerning the labyrinth and the Minotaur is explored. This tradition influenced Dante, who, perhaps indirectly drawing from accessible sources, conceived the Minotaur as a reclining figure, without specifying whether it had a human body with a bull's head or a bull’s body with a human torso. However, Dante emphasizes its bestial side in accordance with a symbolic reinterpretation of the labyrinth as a place of sin and moral perdition leading to death.
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